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Chi ascolta i rimorsi dell’automobile assassina?

(dal Libro delle domande di Pablo Neruda)


Era una vecchia Balilla dimenticata in un cortile di una fattoria. Ormai piena di polvere e con la carrozzeria sfasciata e corrosa dalla ruggine, non aveva più nulla del suo antico splendore, solo un cuore che ancora pulsava e perdeva colpi mentre raccontava il suo passato, convinta di non avere ascoltatori.

Nel corso della guerra civile era stata requisita dai ribelli che l’avevano usata per compiere le loro sortite contro il regime. Nelle notti del suo attuale abbandono, trascorse alla luce delle stelle o sotto la pioggia che colava lungo i pistoni fuoriusciti dai cilindri, riandava col pensiero agli agguati, alle sparatorie, alle fughe tra le stradine sterrate che rigavano i campi. Spesso si chiedeva, e domandava al nulla della notte, se avesse avuto il ruolo di complice rispetto alla sorte toccata alle giovani vite che aveva visto cadere e spegnersi senza neppure un lamento, falciati dalle fucilate dei ribelli alla sua guida.

Durante la solitudine del suo ricovero, davanti ai suoi fari sfondati e privi di luce, scorrevano come in un film le immagini delle scorribande negli accampamenti dei militari sostenitori del regime, il trambusto, il fumo acre prodotto degli spari dei ribelli a bordo che, unito a quello degli assaliti, nascondeva a tratti i volti impauriti per la sorpresa e i corpi nudi che cercavano riparo nel mezzo della notte.

Il sonoro della pellicola riproduceva i botti degli spari, il sibilo delle pallottole prima di schiantarsi nelle sue lamiere, i lamenti dei feriti a bordo, il lento gocciolare del sangue che colava dalle ferite e s’aggrumava sui sedili… Infine quel tonfo sordo, le ruote sollevate in aria e le portiere che strisciavano scavando un solco più profondo del buio nel fango del fossato.

Era finita così e per sempre la sua corsa, insieme alla vita dei corpi insanguinati rimasti intrappolati tra le sue lamiere in nome di una fantomatica bandiera.

Durante decenni di notti insonni, il suo cuore pulsante si era chiesto quale fosse lo scopo di combattere per una causa, quando la causa era solo un sogno che sarebbe rimasto tale per i sognatori, mentre la realtà aveva prodotto soltanto stragi. Nessuna risposta, soltanto un profondo sconforto dal quale affiorava il rimorso di essere stata veicolo di morte, colpevole di tutte le vite falciate nel fiore dalla giovinezza. Un fardello insopportabile che anno dopo anno l’aveva obbligata a prendere coscienza di essere un’assassina e la causa dei singhiozzi del suo cuore, ridotto a un’arrugginita pompa di metallo.

Dall’alto di una mimosa in fiore un fringuello trillò qualche gorgheggio consolatorio, per dimostrare a quel cuore bloccato in un inverno perenne che qualcuno aveva ascoltato e compreso la causa dei suoi rimorsi. Interrotto il canto, il passerotto volò avanti e indietro in tutte le direzioni, per suggerire a quell'intrico di lamiere che un futuro libero pari al suo, da consegnare agli altri anche a prezzo della vita, era la risposta alla sua domanda. Ma la vecchia Balilla non capì e rimase nella convinzione che nessuno l’avesse ascoltata. Rintanata nei suoi ricordi, nemmeno si accorse che il presente le aveva consegnato una nuova primavera: un amatore la stava ispezionando perché aveva deciso di ripararla per donarle nuova vita e con essa l’occasione del riscatto.       


© Cesare Ferrari

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