Arrivato a Ponte di Ferro ero già “spompo”. Ero sicuro d’essere nato per diventare campione, ma non certo di ciclismo. Da Rivachiara potevano essere una quindicina di chilometri e io, cittadino abituato a schivare le rotaie dei tram...

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Raggiblu

  Arrivato a Ponte di Ferro ero già “spompo”. Ero sicuro d’essere nato per diventare campione, ma non certo di ciclismo. Da Rivachiara potevano essere una quindicina di chilometri e io, cittadino abituato a schivare le rotaie dei tram, non ad arrancare sui percorsi misti, ero arrivato con la lingua penzoloni. Non mi sarei certo azzardato a mettermi in strada con Raggiblu, la mia bici azzurro stinto, carter con sinfonia da grattugia, cambio Simplex bloccato per avaria  sul pignone più faticosamente piccolo.

  Se ci ero arrivato era per un motivo preciso: ero perdutamente, sublimemente, platonicamente innamorato. Io lo sapevo, o lo credevo o lo intuivo o... vabbè, lei non lo sapeva non lo intuiva, era solo carina con me durante i nostri percorsi scolastici negli scomparti salottieri delle FS.

  Più che il tragitto punto a punto, mi avevano ridotto uno straccio i forse dieci giri del paese che avevo fatto nella speranza di incontrare Beatrice. Perché da maschio “pippa” qual ero, in un anno di frequentazione ferroviaria, non ero neppure stato capace di chiederle dove abitasse, né tantomeno che so... accompagnarla, o proditoriamente seguirla al ritorno, mentre attendevo la coincidenza per Rivachiara.

  Sta di fatto che in quelle condizioni asfittiche non mi ero sentito di intraprendere il ritorno ancora sul mio mezzo, non certo ispiratore di gagliardia. Ero già noto per le mie idee brillanti, ma quel giorno me ne venne in mente una da Guinness. Guidai il mio destriero fino alla stazione, lo parcheggiai sul marciapiede, pagai il biglietto perché l’abbonameto era rimasto nel sacco dei libri scolastici, mi infilai nel sottopasso e agguantai l’ultima littorina per Rivachiara.

  Il mattino seguente, fermo, in attesa sul solito binario in curva, incontrai di nuovo Beatrice, ma mai più Raggiblu!

© Cesare Ferrari

 

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