Agli abbandoni forzati seguono sempre liberi rimpianti. Così era stato per lui. Ogni volta che il pensiero concedeva una tregua al quotidiano, per il principio dei vasi comunicanti, immediatamente si colmava di ogni genere di rimorsi nel dolersi per un incontro felice, primavera fiorita d’incanto...

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La ragazza dal cappello rosso

Agli abbandoni forzati seguono sempre liberi rimpianti. Così era stato per lui. Ogni volta che il pensiero concedeva una tregua al quotidiano, per il principio dei vasi comunicanti, immediatamente si colmava di ogni genere di rimorsi nel dolersi per un incontro felice, primavera fiorita d’incanto, ma così breve… Un sogno colorato di rosa svanito per incuria, colpa e grave omissione.

Ma ora non c'era più tempo per recriminare, doveva tornare in Ialia. Sarebbe rimasto, vivo e pungente, solo il ricordo.

Si erano conosciuti in rue Lepic. Lui stava camminando svogliatamente verso Montmartre, schivando con abilità e noncuranza la confusione variopinta di mezzi e turisti che transitavano sulla strada e sui marciapiedi. Lei, spalle girate, ferma davanti al caos di indumenti esposti all’esterno di una boutique, stava provando un cappello rosso a tesa larga, con un bordo nero appena accennato.

Passandole accanto gli era uscito un commento spontaneo:

«Vista dal retro non le dona per niente!»

Aveva pensato che la frase, espressa sottovoce e in lingua italiana, non fosse stata compresa dalla ragazza, francese per ragionevole probabilità.

«E vista di fronte?» aveva risposto lei girandosi e facendo fluttuare nell’aria un profumo di lavanda che sembrava fatto apposta per trasportare la sua morbida erre moscia.

«Mi scusi, non volevo essere scortese…»

«Non si scusi, mi risponda la prego!»

«Beh… ecco, osservando questo suo lato… direi che non le serve alcun fronzolo… mi pare talmente completa di suo… »

Era stato quel banale “completa di suo” e l’evidente imbarazzo dimostrato nell’affrontare l’inaspettata reazione della giovane a radunare tra loro una manciata di paglia. Senza volere, la giovane francesina l’aveva incendiata con la scintilla del suo sorriso. Uno sguardo intenso e prolungato tra i due e poi l’invito di lui:

«Io vado verso Montmartre, se anche lei va in quella direzione potremmo proseguire insieme»

«Ah… quindi un falso timido!» osservò lei con aria canzonatoria.

«Ma va bene… io non ho una direzione precisa, ho due ore di intervallo prima di riprendere il lavoro».

Si erano avviati l’una a fianco dell’altro e avevano iniziato a parlarsi, carpiti da quel fluido misterioso che si insinua in alcune coppie al primo approccio, la sensazione di essersi frequentati da sempre, attivando l’immediatezza dell’intesa. Attraversata Place Baptiste, pur avendo parlato senza reticenze e pudori per circa dieci minuti, si erano accorti di non essersi ancora presentati. Cécile aveva appreso che Andrea era un reporter di una rivista culturale italiana. Era a Parigi con mandato da parte del suo editore per un servizio che aveva come argomento gli artisti e i variegati frequentatori della rinomata Place du Tertre. Aveva omesso di dirle il nome della testata del periodico per deformazione professionale. La concorrenza era sempre in agguato per rubare servizi e anteprime dello stesso genere.

Cécile aveva confidato ad Andrea di gestire la segreteria in un prestigioso studio legale parigino, restando sempre nel vago e il giovane aveva commentato:

«Segretaria in carriera, ovviamente… »

La giovane gli aveva dato una spinta amichevole sulla spalla e con quel suo intercalare lisciato di erre aveva risposto alla battuta:

«Non lo dica neanche per ridere… so a cosa devono sottostare e come devono lottare le donne che si definiscono tali… »

In Rue Norvins, Andrea, trattenendo il respiro, le aveva sfiorato la mano e lei aveva risposto al segnale, accostando il suo palmo a quello di lui.

Un sospiro felice di sollievo da parte del giovane reporter, seguito dalla richiesta di togliere la distanza del “lei”, accolta con un sorriso di assenso e tanto entusiasmo da parte di Cécile.

Proprio nel momento in cui i loro sguardi si erano aperti sulla piazza degli artisti, traboccante di quadri, cavalletti, tavolozze di colori, di fronte a “Au Cadet de Gascogne” si erano accorti di un artista cinese che con forbici enormi ritagliava i bordi di cartoncini neri, realizzando profili di volti con una somiglianza sbalorditiva. Bastava fare richiesta e l’artista posizionava la persona nel modo in cui usa fare un pittore, e iniziava a dar forma e ritaglio al volto del nuovo modello. Un vero cesello virtuoso di curve, soste e rigiri del foglio, sguardi come il raggio di un laser in direzione del breve tratto da riprodurre.

Andrea si era offerto subito al genio dell'artista e aveva spinto anche Cécile a proporsi. Completati i profili dei giovani, il cinese li aveva mostrati al pubblico e poi aveva avvicinato le bocche di entrambi i ritagli, simulando un bacio. Era seguito uno scroscio di applausi da parte di tutti i presenti che aveva fatto arrossire Cécile e sorridere Andrea. E forse, scendendo con la funicolare verso la Gare Basse, quel lambirsi di labbra fittizio era stato la spinta per replicare dal vero il primo bacio tra loro.

«Ti ho trovata per caso, ma non ti lascerò mai più!» aveva sussurrato Andrea staccando le labbra ancora umide e addolcite dal fard e dal rossetto alla fragola dalla giovane donna. Era già convinto che sarebbe diventato l’amore della sua vita.

«Vedremo… » aveva risposto lei ammiccando. Poi aveva scostato una ciocca di capelli neri dagli occhi luminosi e si era avviata a passi veloci verso l’entrata della Metrò.

Imboccando le scale aveva aggiunto: «Grazie per la compagnia, mon trésor… devo tornare al lavoro, ma ci rivedremo presto!» Poi, iniziata la discesa, si era voltata un’ultima volta e l’aveva salutato soffiandogli un bacio dalla mano.

Andrea aveva risposto al saluto, ma una sorta di tremito gli aveva percorso il velo di barba incolta che gli circondava il volto. Qualcosa non quadrava!

«Deficiente!» aveva esclamato ad alta voce battendosi le tempie e strizzando le palpebre fino a farsi lacrimare le pupille azzurre: ”Non ci siamo scambiati gli indirizzi! Nemmeno il numero di cellulare. E ora come la ritrovo?”

Nei giorni seguenti aveva speso gran parte del suo incarico percorrendo in lungo e in largo Place du Tertre, sempre con la speranza di vedere apparire Cécile o di scoprirla seduta al tavolo di qualche piccolo bistrot. Nelle pause del suo lavoro aveva effettuato decine di telefonate verso le centinaia di studi legali parigini, ma la risposta era stata sempre la stessa: «No, Monsieur, da noi nessuna Cécile!»

Eppure Cécile sapeva della sua trasferta e del suo mandato come reporter.

La sua assenza voleva dire che non le importava nulla di lui? Significava che quei momenti così intimi e indimenticabili erano stati tali solo per lui?

Con simile cruccio nel cuore anche quel giorno, l’ultimo del suo mandato, torturato dalla colpa e dal rimpianto ritornò con la mente al loro unico bacio, propiziato dalle opere dell’artista cinese. Come spinto da una forza ignota, si avviò verso il ristorante “Au Cadet de Gascogne” e lì, come al solito, vide l’artista dei profili. Era in pausa e sedeva su un piccolo sgabello, gli occhi ancora più serrati dal sorriso che gli illuminava il volto.

«Ti aspettavo… » esordì il cinese quando Andrea fu vicino a lui.

«Come… cosa… » farfugliò confuso il giovane reporter.

Senza proferire parola, l’uomo dei ritagli staccò dal cavalletto, da cui pendeva l’enorme strumento della sua arte, un cappello rosso nel cui bordo, intorno alla tesa, era infilato un cartoncino nero. Consegnò il cappello al giovane.

«È stata qui tutti i giorni. Ti ha cercato, ma poteva passare solo negli orari di pranzo e qui, come sai, in quei momenti è un caos generale. Si nasconderebbe anche un elefante in mezzo alla calca. Aveva in testa il cappello per farsi notare a distanza. Le ho dato un gessetto e lei ha scritto qualcosa… »

Andrea sentì il cuore arrestarsi, afferrò il cappello con mani tremanti, sfilò il cartoncino e lesse la scritta bianca.

"Ti ho cercato tutti i giorni, mon amour, la mia sola speranza di ritrovarti è riposta in questo cartoncino. Se, come me, tu vas repenser al nostro unico bacio, sarà lui a condurti qui"

Seguivano, chiare e leggibili, le sue credenziali.

 

© Cesare Ferrari  

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