L’Angelo, concluso il suo primo incarico sulla terra, fu di nuovo chiamato dalla Divina Procura. Lo attendeva un’altra missione, all’apparenza più frivola, ma, nella sostanza, complessa per la sua delicata natura. Si trattava di scegliere quale fiore tra i fiori fosse da nominare indiscusso protagonista nella rappresentazione annuale per commemorare i defunti.


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Il secondo salto dell'Angelo

L’Angelo, concluso il suo primo incarico sulla terra, fu di nuovo chiamato dalla Divina Procura. Lo attendeva un’altra missione, all’apparenza più frivola, ma, nella sostanza, complessa per la sua delicata natura. Si trattava di scegliere quale fiore tra i fiori fosse da nominare indiscusso protagonista nella rappresentazione annuale per commemorare i defunti.

All’avvicinarsi del due di novembre l’anfiteatro dei cimiteri era gremito di anime arrivate da tutti i sentieri celesti. Vinta ancora una volta la fastidiosa vertigine, l’Angelo si era tuffato nell’azzurro pertugio ed era atterrato sul muro di cinta del palco, primi posti con visione dall’alto.

Un brusio, simile allo stormire di fronde, accompagnava il lavoro dei parrucchieri dietro le quinte. Centinaia di fiori si prestavano alle cure di acconciatori, estetisti, maestri del trucco per sfoltire steli troppo ricchi di foglie, accentuare colori, nascondere inestetismi in rapido divenire.

Rose scarlatte increspavano i colmi dei petali, così da sembrare ricciute pieghe pronte ai capricci delle stagioni. Scrittori, reporter e poeti per caso commentavano in rime: “Molti Anturium rossi e scarlatti, dalle forme simili a cuori, gonfiavano i petti tenendo il respiro per causare attrattive fessure nelle anime tra le più dure. Gareggiavano aspiranti, giovani intrepidi e taluni più anziani, per attrarre i giurati composti da fiorai veterani”.

Fervevano appieno le attività… allorché il regista annunciò i trenta secondi. Tutti i fiori lasciarono in fretta i ritocchi finali e presero posto sul palco, chi sopra le tombe, chi in fila tra i viali, chi accanto ai gelidi ossari.

Isolato, in disparte, vicino alle sbarre del cancello di uscita del fiorito giardino, già pronto ad abbandonare la scena, il Crisantemo soffriva. Scialbo nei colori, petali flessi e senza una moda, nemmeno un casco conforme per un minimo accenno di piega.

S’aprì con sbuffi di polvere il grande tendone e un soffio, quasi un’ola di meraviglia, aleggiò nel loggione.

La giuria passò tra i sentieri del giardino fiorito e, insindacabile, già si accingeva ad esprimere il voto… ma l’Angelo, accovacciato sul muro di cinta del palco, rivolse lo sguardo in direzione dei viali. Alitò senza forzare. Sembrava una brezza tale da non recare alcun danno, ma investì i fiori come vento gelato d’autunno. Le corolle appassirono all’istante, gli steli caddero monchi, i petali, strappati dalle loro impunture, mulinarono in aria, trascinati dalla forza improvvisa del soffio autunnale.

Solo il Crisantemo rimase intatto, anzi gagliardo. I suoi folti, affilati capelli avevano assunto una curiosa sembianza. Scarmigliati, non più mosci e spianati, si ammassavano dal centro verso l’esterno con l’effetto, riccio e birbante, d'acconciatura con permanente.

Con la sua nuova discesa terrena nel Giardino dei Silenziosi, il maggior teatro dei cimiteri, l’Angelo, portatore di venti ancestrali e parrucchiere per caso, decretò il Crisantemo signore del Palco e primo attore senza confronti, per ricordare tutti i defunti.

 

© Cesare Ferrari      


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