Il risveglio del sole colora di rame brunito le gote ai crinali delle dune più ardite. Svanisce in polvere azzurra il buio ancora abitato da fantasmi di stelle. La più luminosa, tuttora splendente nel cielo, si è fermata davanti a un capanno...

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Epifania

  Il risveglio del sole colora di rame brunito le gote ai crinali delle dune più ardite. Svanisce in polvere azzurra il buio ancora abitato da fantasmi di stelle. La più luminosa, tuttora splendente nel cielo, si è fermata davanti a un capanno. Poco più che un ovile la meta. È freddo il mattino. All’interno un calore avvolgente d’amore s’unisce al tepore del fiato di un placido bue. Raglia a tratti un asino a lato, reclama il suo pasto, non comprende per quale motivo la biada non sia come sempre al suo posto. Un uomo, che si finge severo, lo picchietta col nodoso bastone per farlo zittire, e una donna, con volto di madre, scorre il cassone colmo di paglia avanti e indietro sopra due piccoli fusti rotondi, sperando che il neonato non riprenda gli strilli.

Luce negli occhi dei genitori, fuori si radunano viandanti e curiosi. La capanna è all’estremo lato del borgo. Povera gente: carpentieri, cammellieri, maniscalchi e pastori. Ognuno reca in mano un pegno, un oggetto del proprio lavoro che depone davanti alla soglia dell’umile stalla. Poi, quasi imposti dal bisogno del cuore, adorano chini il nuovo Signore.

 Sono attoniti i tre viaggiatori. Per giorni hanno sparso di orme il deserto guidati da un presagio con sembianze di stella, recando omaggi preziosi nelle sporte dei loro cammelli, simbolici doni adatti a insignire sovrani. A Oriente s’era sparsa la voce dei vicini natali di un re già citato dai profeti nelle scritture, un monarca di un regno speciale e di certo non privo di mire. Pensavano di trovare una reggia che accogliesse in coltri lussuose il prezioso neonato e invece... lo scoprono alloggiato in un luogo alienante, al freddo, circondato da umile gente. Ma è ricco di pace l’alone che avvolge la gelida stalla, mentre la madre affettuosa traballa l’improbabile culla. Che potere può avere un simile re? Come può governare un sovrano che non è circondato da ori, enormi poderi, servitori, validi arcieri, soldati ubbidienti per difendersi da nemici importanti?

 Eppure i tre pellegrini sapienti, nel loro stupore, s’inginocchiano con gli altri appena arrivati, obbligati da un imprevisto sussulto d’amore... sono stanchi, ma non sentono duolo nel porgere i doni al Re Redentore. Percepiscono il motivo di quel segno, così raro, così caparbio nel proporre il cammino. È l’annuncio al mondo del Signore di un regno inusuale che accoglie i poveri, i miti nel cuore, che consola le pene dei dispiaceri, che osa promesse così smisurate da indurre le stelle a mutarsi in comete.

Non è stato infruttuoso il lungo vagare, meno duro il travaglio patito nel deserto cocente.

È Sovrano degli ultimi il manifesto Bambino.

Già più caldo e ospitale il levar del mattino.

© Cesare Ferrari

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