"C’era nell’aria un brusio di voci talmente sommesso che Lisa stentava a captarlo. Rimase ferma, in ascolto per qualche secondo..."

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La congiura dei putti

C’era nell’aria un brusio di voci talmente sommesso che Lisa stentava a captarlo. Rimase ferma, in ascolto per qualche secondo. Era un mormorio proveniente dalla chiesa: le prove della corale per la Messa di mezzanotte stavano per iniziare. Compreso il ritardo, strinse i lacci del cappuccio e si affrettò lungo il sentiero che attraversava i campi, già bianchi di neve. La luce era fioca, giungeva dai lampioni lontani sulla strada, ma il candore circostante consentiva di vedere in modo chiaro la traccia da seguire. Sotto i suoi passi, la neve sul viottolo scricchiolava, turbando la percezione del silenzio solenne che accompagna ogni nevicata e amplificando il senso di solitudine in cui era avvolta la sua vita.

Lisa non aveva alcun affetto al mondo, nessuna persona con la quale condividere il Natale. Da tempo viveva sola e tale stato di isolamento aveva un po’ condizionato il suo carattere. Non amava comunicare con gli altri, l’unica forzatura che aveva imposto alla sua indole riservata, era stata la frequentazione della corale, dove prestava il servizio come volontaria tra i Cantores della sua parrocchia. La ragazza amava l’armonia d’assieme che si sprigionava durante l’esecuzione dei brani liturgici a più voci. In tale ambito si sentiva accolta, apprezzata, talvolta coccolata, in armonia con il Creatore, con sé stessa e con gli altri. Frequentando la corale si era procurata alcune amicizie sulle quali contare.

I fiocchi di neve scendevano silenziosi, nascosti dal buio che li rendeva completamente invisibili. Alcuni solleticavano il volto della ragazza, i più temerari sostavano sulle sue ciglia, altri si fermavano in bilico sulla punta del naso, provocandole brividi di piacere. Immersa nell’atmosfera magica di quel perfetto Natale, la giovane percepiva l’incanto dello spirito, colmo di stupore alla vista dei campi avviati a nascondere lentamente le loro asperità, man mano che la neve aumentava di spessore.

All’improvviso avvertì un brivido lungo la schiena; non era dovuto al freddo, bensì al repentino apparire di due occhi azzurri che la fissavano dietro un cumulo di neve. Si costrinse a rimanere calma e respirò forte, finché la paura iniziale si trasformò in curiosità e poi nel desiderio di capire a chi appartenesse lo sguardo che continuava a osservarla. Si avvicinò con cautela e si accorse che un velo di luce circondava una figurina minuta, avvolgendola in un abito impalpabile, talmente trasparente da lasciare intravedere i lampioni sul ciglio della carreggiata. Due grandi ali, sproporzionate rispetto alla statura, parevano ripiegate sulla schiena della minuscola creatura.

«Sei un angelo?» chiese titubante Lisa, mentre una nuvoletta di vapore accompagnava le sue parole.

«Ero un angelo, purtroppo sono stato cacciato da chi dovevo proteggere!»

«Davvero? Com’è potuto succedere?» replicò la giovane, osservando da vicino l’aspetto malconcio che rivelava la piccola entità davanti a lei. Il volto era come quello dei putti rappresentati nei quadri di Raffaello, ma evidenziava escoriazioni sulle guance e un grande bitorzolo nero al centro della fronte. Per non parlare delle ali, che in alcuni punti sembravano essere state visitate da una grattugia.

«Ero alle spalle della persona che dovevo custodire, come al solito. Stavamo procedendo sulla strada verso la chiesa… È successo tutto in un attimo: il mio protetto si è voltato e mi ha dato una gran spinta che mi ha fatto rotolare lungo la scarpata, fino a qui. Mentre ruzzolavo ho sentito che diceva; “Smettila di scocciarmi, brutto impiccione!”»

«Non ti crucciare, uno scatto d’ira capita a tutti! Vedrai che gli passerà e farete la pace.»

«Non abbiamo litigato! La faccenda è molto più seria. Oltre alla maniera manesca usata nei miei confronti, c’è un altro problema: io dovrei essere invisibile! Invece non lo sono più, dato che anche tu mi vedi.»

«Caspita! Una crisi di identità, forse?»

«No, no, noi angeli custodi non abbiamo un’identità.»

«Ma ci dovrà pur essere un motivo, che so: un consiglio sussurrato in malo modo, un rimprovero troppo severo…»

«Mhmm… a dire il vero gli stavo raccomandando, forse un po’ troppo energicamente, di andare più spesso in chiesa, non solo in occasione della funzione natalizia.»

«Ecco, vedi? Hai esagerato, ti sei ritagliato un’identità umana visibile ai suoi occhi nelle sembianze di un molestatore. Da quel momento, lui e tutti gli altri, me compresa, ti possono vedere.»

«Forse hai ragione. Probabilmente sono fuori gioco, non mi vuole più accanto a sé, non ho alcuna possibilità di porre rimedio al mio errore.»

«Mi spiace, non so proprio come aiutarti!»

«Veramente un modo ci sarebbe…»

«Dubito, ma sono curiosa, dimmi: quale?»

«Prendi il mio posto!»

«La caduta ti deve avere scombinato qualche rotella! Come posso prendere il posto di un angelo? Io sono una persona e il mio rapporto con il tuo assistito non potrebbe essere diverso da quello che si può instaurare tra due esseri umani.»

«Appunto! Io ho fallito come angelo custode, ma tu puoi riuscire come persona!»

«Stai farneticando! Dovrei socializzare con un prepotente?»

«No, no, ascoltami! Giulio, il mio ex protetto, ha solo qualche anno più di te, è un bravo giovane, ma è terribilmente solo! Ha perso entrambi i genitori quando era ancora un bambino. È solo scontroso, ma non è un violento. Ha bisogno di qualcuno che lo guidi, che lo tenga per mano e lo sproni, in modo che si senta in grado di compiere le sue scelte…»

«Un angelo, per l’appunto!»

«Non solo! Ha bisogno di una persona o un gruppo di persone che lo aiuti. Ad esempio: Giulio ha una bellissima voce, gli piacerebbe cantare in un coro, ma è impedito dalla sua incapacità di mettersi in relazione con gli altri, non sa decidersi, non sa a chi e dove rivolgersi. Io so che tu fai parte della corale della parrocchia verso la quale sei diretta per cantare la gioia della nascita di Gesù. Se tu, con una scusa qualsiasi, lo invitassi a entrare a far parte della corale…»

«Vedo che sai un sacco di cose sul mio conto.»

«Beh, sai, noi angeli custodi siamo tutti collegati e un po’ di pettegolezzi, benevoli s’intende, tra di noi girano.»

«Già, la congiura dei putti!»

«No, no-no-no-no, non devi pensare a una cosa simile. Noi ci scambiamo opinioni, valutiamo i casi e alle volte ci diamo una mano. Tutto qui.»

Si udì un colpo di tosse di indefinibile provenienza.

«E va bene, piccolo putto, non credo si possa resistere allo sguardo implorante dei tuoi occhioni azzurri. Questa notte, in via eccezionale, cercherò di sostituirti. Ma solo per questa notte, e lo farò a modo mio.»

Lisa percorse a ritroso i pochi passi che la separavano dal sentiero, lo raggiunse e si voltò nella direzione degli occhi blu.

«A proposito: come ti chiami?»

Non seguì risposta, solo un nuovo colpo di tosse di altrettanta inafferrabile origine.

Nessuno era visibile oltre il cumulo di neve. La ragazza si chiese per quale sciocca ragione stesse guardando in quel punto preciso, dal momento che aveva all’istante perso memoria di quanto accaduto nei pochi attimi precedenti.

Non poteva sapere che Salvatore, tale era il nome dell’angelo rimasto sconosciuto, subito dopo averla indotta a diventare il suo sostituto, era tornato invisibile e aveva di nuovo attivato il “Libero Arbitrio”: un dispositivo che tutti gli umani hanno in dotazione e che Salvatore aveva, all’occorrenza, disattivato a Lisa con un colpo di tosse. Una furbata che gli angeli custodi talvolta usano per indurre le persone a compiere buone azioni verso il prossimo. Nel momento in cui era stato sicuro di aver convinto la giovane ad aderire alla sua richiesta, con il successivo colpo di tosse aveva riattivato il dispositivo di autodeterminazione della ragazza e, nel contempo, aveva provveduto a cancellare la sua memoria breve.

A causa del ritardo, Lisa aveva percorso in affanno l’ultimo tratto di strada che la separava dalla chiesa. Giunta sulla soglia, si era accorta di un giovane che stava appoggiato a una colonna posta all’ingresso dell’edificio. Sembrava indeciso se entrare e sedersi, oppure sostare solo un attimo, per poi sparire nella notte.

In fondo alla chiesa, vicino all’altare, il coro era sul punto di iniziare i solfeggi per scaldare le voci. Proprio nel momento in cui il maestro aveva fatto il consueto cenno per l’avvio dei vocalizzi, Lisa percepì, nei confronti di quel ragazzo, una strana curiosità che la spinse ad avvicinarsi a lui per parlargli. Gli si accostò finché non fu alla distanza necessaria per sussurrargli parole che solo lui avrebbe potuto sentire.

«Ciao, mi chiamo Lisa, sei qui per seguire le nostre prove?»

«Veramente sono solo di passaggio… che repertorio avete?»

«Cantiamo brani di ogni genere, purché religioso: da quelli adatti per essere intonati anche dall’assemblea durante le funzioni, a quelli di autori famosi, tipo Bach, Handel, Mozart, Frisina.»

«Caspita!» esclamò il giovane, sentendo elencare i suoi compositori preferiti.

«Scusami, io mi chiamo Giulio. Vedendomi così in disparte, avrai già capito che ho un carattere un po’ sul genere orso. Sono abituato a stare da solo, parlare non è il mio forte, specialmente con le ragazze. Però mi piace la musica.»

«Non preoccuparti, nemmeno io sono molto estroversa, per questo vengo qui a cantare e mi unisco agli amici del coro. Con loro il rapporto è più facile: poche frasi tra una prova e l’altra. Il canto ci unisce, non abbiamo bisogno di molte parole, l’obiettivo è pregare in maniera diversa, più intensa, più profonda.»

«Io non mi intendo di preghiere, di musica un po’ sì, mi piace anche cantare.»

«Perfetto! Se vuoi, puoi unirti a noi. Dai, vieni! Puoi fare una prova con il nostro maestro e lui ti dirà con quale “voce” maschile puoi cantare…»

«No, per il momento no… ti ringrazio, rimarrò alla funzione di mezzanotte, così potrò sentirvi e farmi un’idea.»

«Hai ragione, mai prendere decisioni affrettate. Cantare in una corale richiede impegno e tempo da dedicare. Se vuoi, finita la Messa, possiamo trovarci fuori dalla chiesa, così potrai dirmi le tue impressioni.»

«Sei gentile! D’accordo, a dopo!»

Lisa accennò un sorriso e si affrettò a prendere il suo posto tra i coristi.

Fuori, la notte preparava l’evento più atteso dell’anno e si era attivata per radunare milioni di stelle. Tra poco le avrebbe vestite di brillanti per poi esibirle sulla passerella della moda celeste, facendosi più nera del buio profondo.

Giulio si accomodò su una sedia all’inizio della chiesa, pronto ad andarsene alle prime avvisaglie di insofferenza. Grande fu la sua meraviglia nel momento in cui una melodia polifonica si alzò dal retro dell’altare, fondendo all’unisono armonie di voci diverse.

Era un inno all’Altissimo talmente colmo di gratitudine per il nuovo dono pronto a rinnovarsi sulla terra che lo spirito di Giulio si sentì trasportato verso l’alto. Spinto da spirali di dolce, armonica preghiera, la sua anima accarezzò i colonnati spogli della chiesa e scivolò sulla loro superficie lucida, fino a raggiungerne il culmine. Lassù, galleggiò qualche istante sulla nuvola eufonica formatasi nel sottotetto per poi planare velocemente dietro l’altare, dove s’insinuò tra i cantori, accanto alle voci maschili e a due passi da Lisa. In quel preciso istante l’anima di Giulio si sentì catturata dalla potenza del canto e dall’empatia dei cantori e capì che in quel contesto non si sarebbe mai sentita sola.

Quando Lisa uscì dalla chiesa, si accorse che Giulio aveva mantenuto la promessa. L’aspettava in disparte, sul belvedere a fianco del sagrato. In lontananza il lago, silenzioso e invisibile, rimandava frammenti di luna.

Lisa si avvicinò silenziosa al giovane e prima che questi iniziasse a parlare, si udirono due colpi di tosse ai quali entrambi non fecero caso per via del brusio delle persone che ancora gremivano il sagrato della chiesa.

«Siete stati super! Più che bravi! Mi piacerebbe cantare con voi!»

«Allora, alle ventuno di ogni mercoledì, partecipa alle nostre prove!»

Giulio non rispose. Sembrò avere un ripensamento, tuttavia, prima di allontanarsi, strinse la mano alla giovane corista in modo tale da farle intendere che avrebbe seguito il suo suggerimento: per amore del canto, ma anche per lei. Lisa sembrò capire, il suo sorriso brillò nell’oscurità e liberò nella notte una traccia così luminosa da suscitare meraviglia anche alle comete. Lesto, Giulio ne colse un frammento, con l’intento di portarlo con sé durante il ritorno alla sua dimora.

Due nuovi misteriosi colpi di tosse si persero nell’aria. Il cielo sospese la festa e riprese a vegliare la quiete della notte, molestato solo per un attimo da un lampo azzurro, più azzurro dello zaffiro, che raggiunse due occhi verdi, più verdi dello smeraldo. Galgano, l’angelo invisibile con le sembianze di putto che stava alle spalle di Lisa, strizzò l’occhio al collega con fare compiaciuto.

La congiura dei putti si era consumata.    


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